#5 - La dove fermano i treni

di Giuseppe Felici rossointoccabile

Altromondo. Ora.

Il panorama idilliaco è per lo più immutato. In lontananza montagne alte più di quanto la mente riesce a concepire svettano tra le nubi, bianche di neve fino ad abbagliare lo sguardo. Dalle pendici digradano prati splendenti e foreste sconfinate.

Più vicino alla cittadella in fiamme enormi squarci fumanti devastano la terra erbosa e le strade colossali. La dove i colpi di armi che travalicano la più malata delle fantasie umane hanno colpito.

Dal terrazzo della splendente città fluttuante Brian Braddock osserva tutto questo. La guerra è arrivata su Altromondo. Accanto a lui la moglie Meggan.

La recente scoperta delle sue vere origini non ha modificato la sua natura di essere empatico e la sua forma riflette il suo stato d’animo.

I capelli si increspano e le orecchie tendono ad assomigliare ad ali di pipistrello. La sua forma fluida ondeggia, cercando di tornare ad un aspetto più umano.

Dall’altra parte uno dei tanti componenti del corpo dei Capitan Bretagna accarezza le colossali pistole agganciate alla sua bioarmatura, più simile ad una tuta per qualche sport da maschi testosteronici che ad un’arma reale.

Tutti e tre sono sconvolti e il silenzio che li avvolge ne è la sottolineatura.

Lentamente rientrano nel salone, pieno fino all’eccesso dei più incredibili aspetti di loro stessi, centinaia di appartenenti al Corpo, assieme a svariati cavalieri neri e Opal Luna e altre creature provenienti dai più diversi mondi.

Tutti contemplano le ferite che il primo attacco, fortunosamente ricacciato, hanno provocato a quel mondo idilliaco, fissando con sgomento le centinaia di immagini proiettati sugli schermi che riempiono le pareti.

Qua un rettile vestito con la divisa dei Capitan Bretagna digrigna le zanne mentre non riesce a reprimere una lacrima, là un colossale androide tecnorganico coi colori del Corpo contrae e rilassa i pugni, incapace di reprimere il bisogno di far qualcosa.

Al centro della sala, su un podio due figure imponenti. La prima è quella di un uomo di età indefinibile, i lisci capelli bianchi. Merlino, monarca di Altromondo, tra una morte e l’altra. Al suo fianco la figlia, Roma.

Miei cari – l’uomo inizia a parlare e il suo tono, per qualche ragione, getta nello sconforto l’intera stanza. – la guerra è alle porte di Altromondo. Gia abbiamo ricacciato un’incursione, portata con armi terrificanti. Da quando per la prima volta un oggetto simile è stato gettato nel baratro fra i mondi abbiamo perfezionato tecniche per combatterli, ogni macchina diviene prima o poi obsoleta. Ma solo al prezzo di produrre macchine ancora più distruttive.

Ciò che ci minaccia è, però, il loro creatore. Se, come sembra, il folle Jim Jasper 238, che creò il primo Fury, è morto e parimenti è stato ucciso dal robot stesso anche un altro Jim Jasper, il 616 dobbiamo chiederci chi può essere il nostro nemico.

Eppure molte copie, apparentemente meno sviluppate, di quel robot ci hanno attaccati. L’arma che abbiamo perfezionato, che distrugge il loro motivatore, ci ha dato un’illusoria vittoria. Ma dobbiamo rintracciare il pericolo all’origine, prima che riesca a produrre armi in grado di sconfiggerci. Gia questo primo attacco ha portato una distruzione mai vista prima su Altromondo. Ho qui riunito quanti più di voi è stato possibile contattare per intraprendere questa pericolosa missione. Rintracciare il pericolo per quel tratto della spirale dei mondi che si dipana attorno ad Altromondo e, forse, il multiverso tutto. – La breve pausa che segue lascia tutti con il fiato sospeso. – Non starò a chiedervi la disponibilità a questa missione, immagino che vi rendiate perfettamente conto di cosa ci aspetta se usciamo sconfitti. Ma chi vuol tirarsi indietro non ha che da farlo, senza bisogno di dirlo in pubblico, anche se credo che noi tutti capiremmo. Seguite il segnale del bracciale che abbiamo distribuito, in esso sono contenute molte macchine, oltre al demotivatore dei Fury, compreso il telecomando per la vostra piattaforma di lancio. Il bracciale guiderà voi e i vostri compagni fino ad essa. –

Brian Braddock di Terra 616 si guarda attorno. Pochi esitano. In fondo alla sala un uomo con un elmetto metallico che ricorda un qualche tipo di testa di pipistrello e l’Union Jack sul petto accarezza le impugnature dei coltelli che porta alla cintura e si avvia. Più in la uno con una tuta aderente scura, un leone sul petto e mezza bandiera come parte superiore della maschera non aspetta neppure un secondo per seguire il segnale che lo guida.

Capitan UK, Linda McQuillian di terra 238 (l’unica sopravvissuta di quella linea temporale) saluta un compagno e si avvia. Un enorme gorilla dagli occhi di brace si aggiusta l’elmo cornuto e si muove.

Anche Brian, dopo uno sguardo deciso a Meggan, si avvia, deciso a salutarla solo nell’istante preciso della separazione.

 

Un luogo fra i mondi.

Mutare l’aspetto è facile per lui. Il mondo materiale non è che il regno di Maya, qui può alterarlo senza che alcuno possa notare la cosa.

Un istante e scivola fuori dalla stanza, dove non è atteso.

 

Altromondo

Arrivato alla sua piattaforma di lancio Brian Braddock si sorprende del fatto che lui e Meggan non siano stati separati per il viaggio. *Ogni volta che ritorna, Merlino è incredibilmente capace di sorprendermi*.

Sul posto c’è già ad aspettarli quella che è, evidentemente, un’altra componente del loro commando, una donna innegabilmente orientale, con i capelli viola tagliati corti e pesantemente impomatati. Indossa un body, stivali alti e guanti a mezzo braccio, tutto in pelle nera e tutto tenuto assieme da cinghie e catene. Sul volto i tre rombi della mascherina del Corpo non riescono a nascondere la sua identità. – Betsy... – Sussurra Brian.

- Elisabeth Braddock. Ninja Britannica 1038. È un piacere conoscerti, Capitan Bretagna 616. Si narrano grandi storie su di te. –

- È un piacere anche per me. – Brian è impacciato, cerca di ricordare qualcosa sui costumi di Terra 1038, ma per quanto si sforzi non riesce a ricordarsi neppure di averla sentita nominare.

Un volto noto giunge a salvarlo dall’imbarazzo. Linda McQuillian, Capitan UK 238.

- Quanto tempo, Brian. Sono contenta di averti vicino in questa follia. – Solleva il bracciale. – E sono contenta di avere la compagni di un’arma che mi permette di affrontare degli oggetti in grado di distruggere i mondi. –

- Si, sono contento anche io di reincontrarti. Siamo tutti qui? Conosci la nostra destinazione? –

- No, io...-

- Io la conosco e temo che abbiamo un problema. – Capitan UK 839 avanza nella sala, accompagnata da Kate McClellan.

- Temo che dovremo decidere come chiamarci, in questa missione. –

 

Un mondo fra i mondi

La signora della distruzione assume il suo aspetto benigno e usa il suo potere per slittare tra i mondi. Con un singolo pensiero si muove nell’oscurità.

 

Terra 616

- Mi raccomando, fingete di fare resistenza. – il tono di Capitan UK 839 ha tutta l’autorità del comando.

- Fingere? Come ho fatto a pensare bene di Merlino? Ci ha informati dell’esistenza di un luogo del genere su questo mondo solo per i suoi scopi. Ne saremmo venuti a conoscenza, altrimenti, fra chissà quanti anni, e dopo danni enormi. – Brian è chiaramente furioso.

I sei si sono materializzati all’interno di una muraglia altissima. Sulle altane figure in armatura verde. Altri sgherri, con addosso la tecnologia Stark li hanno circondati.

- Pensiamo a salvar la pelle, intanto. Hanno degli inibitori di potere attivati e la gran parte delle nostre capacità sono mutanti. – Linda McQuillian 238 è già sulla difensiva.

- Parla per te. – La Ninja Britannica scatta e con un colpo sapientemente assestato scaglia lontano il più vicino dei Guardiani.

Ma dall’alto un enorme pugno viola la colpisce, schiacciandola a terra.

Meggan, che ha già assunto la sua forma mostruosa, arretra di un passo. – Sarà meglio arrenderci, prima che qualcuno si faccia male sul serio. –

 

K'un L'un

La cittadella è fortificata e la guardia sulle sue mura è stata rafforzata. Anche in questo luogo si avverte il pericolo delle guerre interdimenzionali in atto.

A maggior ragione è strano che un mendicante stia attraversando il piazzale fuori dal tempio nella più totale indifferenza.

Eppure non è difficile per il signore della conoscenza muoversi dove nessuno guarda.

Entra nel tempio e si aggira per le sue sale fino ad un idolo, una gigantesca tigre. Attorno al collo una catena con tre gioielli di giada. Una testa e due zampe dell’animale, fedelmente riprodotte.

Il mendicante si infila tra gli incantesimi protettivi come se ne conoscesse i più reconditi segreti ed afferra i gioielli, sciogliendo la complessa serratura che chiude la catena come se ne fosse il forgiatore stesso.

Poi, con la stessa facilità con cui è venuto, esce dalla città.

 

Terra 123

Scott dell’occhio, della formazione degli Assistenti delle Colonie, attende gli inviati di Altromondo.

La delegazione è composta da tre componenti del Corpo.

La guida Crociato X. La sua mazza chiodata ondeggia, mentre saluta il ragazzo.

Gli altri due non sono, almeno all’apparenza, umani.

Uno è integralmente coperto da un’armatura, molto tozza, con i colori del Corpo.

L’unico segno del fatto che è una figura animata sono gli occhi, due braci rosse attraverso la visiera scura.

L’altra è una creatura bassa e tozza, il suo corpo è rotondeggiante, ma interamente composto di colossali masse muscolari. Il muso, vagamente rettiloide, è solcato da un’enorme bocca irta di zanne affilate.

Crociato X non perde tempo. – Il costrutto che stiamo cercando si trova nel centro di Richmond, secondo i nostri rilevamenti. –

Scott esita, si tocca nervosamente la visiera. – È un problema, poiché la città è nelle mani dei ribelli, sotto il comando diretto della tirannica Satyr9. E sembra che lo stesso comandante dei ribelli, l’ex gerarca nazista, Johann il teschio stia marciando sulla città, così da renderla la sua nuova base avanzata. Il nostro Capitan Bretagna è impegnato in prima linea. Come capirete, man mano che il nemico avanza i suoi poteri diminuiscono, la sta prendendo un po’ sul personale. –

Crociato X sorride. – Sembra che ci sarà da menar le mani. Ovviamente non possiamo intervenire al solo scopo di interferire con questa realtà, ma se ci ostacoleranno nel conseguimento del nostro obiettivo... -

 

New York 616.

Maximilian Quincy Coleridge IV si “guarda” attorno, disturbato da una presenza che non riesce a percepire, se non come una labile impressione.

Essa non lo allarma, però, piuttosto lo attira.

Tentacoli di tenebra iniziano ad uscire dal suo corpo e lo avvolgono completamente, facendolo slittare in un regno di buio, non propriamente un altro posto, eppure neppure interno al mondo.

Li lo attende, in tutta la sua magnificenza. Quando non la guarda ha l’impressione che sia nuda, la pelle bianca fin quasi ad essere abbagliante, i capelli neri. Ma se cerca di appuntare l’attenzione su di essa non saprebbe definirla, torna ad essere una presenza. Quasi non si accorge di poterla vedere, tanta è la sorpresa (e l’apprensione) di trovarla li. Non si è presentata eppure la conosce, come se l’avesse sempre avuta accanto a se, e in fondo è proprio così. –

- Ho un debito da risquotere, ed ho bisogno che tu lo saldi ora. –

- Parla. –

 

Terra 616. Il lager.

La vita dentro un lager è qualcosa di monotono e doloroso. Monotono perché ogni singolo giorno è uguale agli altri, normato fin all’ossessione. Doloroso perché l’unica cosa che rompe la monotonia è un arbitrio in più, una bastonata non prevista, un abuso inaspettato.

Il luogo in cui si trovano i sei inviati di Altromondo non è diverso. Dietro le maschere verdi ci sono occhi colmi di odio e disprezzo. Le enormi statue violacee hanno fredde maschere di morte. Ma la cosa peggiore sono gli uomini senza armatura, quelli che arrivano fra due ali di secondini, vestiti di un candido camice per fare le loro prove su di te, per sottoporti a un interrogatorio, anche solo per tormentarti.

Protesti perché non rispettano i tuoi diritti? Se ti va bene rispondono con una sonora pestata. Magari gli viene in mente che i guanti d’acciaio dei carcerieri possono insegnarti meglio la disciplina. O forse che è venuto il momento di portare a termine gli studi sulle tue capacità, sulla resistenza, sulla forza o, nel caso di questo campo, di testare il limite dei tuoi poteri.

Qualcuno ti dice che aiuta alcuni a fuggire? È più facile che voglia prendersi gioco di te, o magari peggio. Per lo più sostengono di poter far fuggire i bambini.

Brian pensa a tutto ciò ed altro ancora, mentre lo legano con cinghie resistenti al tavolo degli esperimenti. Pensa a come reagiranno se vedranno incolonnarsi dei loro compagni di prigionia per le docce.

Pensa a quanto potranno resistere ancora. In quel luogo è impossibile misurare il tempo, sono li da giorni, ma già non saprebbe dire quanti.

Sente i poteri ritornare, preoccupato dal fatto che, se si trova fuori dalla sua terra potrebbero sparire da un momento all’altro. Sente la forza riempire il suo corpo.

Ancora nessuna traccia di ciò che sono venuti a cercare.

Inoltre è stato separato dalle sue compagne.

Flette i muscoli, sente che la sua prigione è sottoposta a uno sforzo sensibile, prova ad infrangerla.

Inutilmente.

Aumenta lo sforzo, i muscoli si gonfiano, il sudore inizia ad imperlare il suo corpo. Sente un crepitio. Un cigolio.

Non può cedere ora, le sbarre iniziano a piegarsi, scintille escono dai circuiti più sensibili.

Può vedere le facce impassibili dei suoi carcerieri, mentre muovono le mani sugli strumenti, un senso di disperazione lo coglie ma raddoppia i suoi sforzi. La prima delle sue manette si infrange mentre sente la forza che defluisce velocemente dal suo corpo. Resta li, semilegato e piangente.

*È stato un’errore tattico infilarci in questo posto volontariamente. Non si arriva da nessuna parte. Devo trovare il modo di contattare le altre e dobbiamo filarcela. –

 

New York 616. Palestra di Abraham Brown.

Sulla porta c’è il cartello “CHIUSO” e nella palestra sono solo in quattro.

Robert Diamond passeggia nervoso – Quindi non ci hai convocato tu. La cosa si fa sempre più misteriosa. E pensare che volevo smetterla con questa vita di avventuriero e sostituirla con il surrogato della fiction. –

- Questa vita non te la scrolli mai di dosso. – Lotus Shinkuko si passa il pollice sotto il naso.

- Bene, sono contento che vi rendiate conto degli equilibri del cosmo. Sono stato io a chiamarvi qui. – L’uomo che parla è un indiano grasso e imponente, ma nessuno ha sentito suonare o anche solo aprire la porta – Credo che sia importante il vostro apporto in una crisi che sta per manifestarsi. Prima di spiegarvela, e senza impegno, permettetemi di darvi un piccolo presente. – Nella sua mano compare una catenella, alla quale sono agganciati tre diademi: due zampe e una testa di tigre di giada.

- Ma... chi sei? – La testa dell’uomo per un istante sembra diventare quella di un elefante. – Niente nomi, per favore. Siete disposti ad ascoltarmi? –

 

Terra 616. Il lager.

Dopo aver rimosso silenziosamente le sbarre della sua cella, Brian Braddock si muove furtivamente lungo le mura delle prigioni, cercando di raggiungere l’ala femminile.

Ha fatto pochi passi, però, che viene illuminato da un potente fascio alogeno.

- Soggetto, Braddock, Brian. Stop. Questa tua violazione sarà... – la voce metallica viene sovrastata dal rumore di metallo infranto e dalle scariche elettriche dei circuiti cortocircuitati. La luce si spegne.

*Bando alla furtività!* Brian attiva le macchine inserite, prima della missione, sotto la sua pelle e l’inibitore di potere smette di funzionare su di lui.

Vola immediatamente verso il palazzo che lo contiene. L’ingresso è sorvegliato da una decina di guardiani. Li ignora infrangendo il muro del primo piano, finendo in una stanza che immette in molte altre.

Brian passa attraverso i muri interni, fermandosi solo per distruggere ogni macchinario che si trova all’interno. Nella terza stanza viene raggiunto da due guardiani.

Si getta sul primo, colpendolo con un pugno sulla maschera dell’armatura. L’uomo corazzato viene sbalzato attraverso il muro, nella stanza attigua. Nello stesso momento il secondo raggiunge Brian, che lo afferra per le spalle, facendo penetrare le dita nel metallo. Poi tira e con un fragore metallico l’armatura si squarcia. Getta l’uomo ormai inerme a terra e fronteggia il primo guardiano, che intanto torna all’attacco. Schiva il colpo repulsivo che questi gli spara addosso ed infila due dita nei fori degli occhi, strappando via la maschera. Fra il crepitio dei sistemi che cercano di autoripararsi Brian interroga, con voce autoritaria il guardiano. – Allora, dove sono i vostri inibitori di potere? –

Prima che l’uomo possa rispondere il soffitto viene scoperchiato, dal buco si vede la faccia di una sentinella. – Soggetto Braddock, Brian, sospendi le ostilità ed arrenditi. Non hai via di scampo. –

Capitan Bretagna molla il guardiano e parte a forte velocità verso l’avversario. La testa della sentinella viene ridotta in minuscoli frammenti dall’impatto del corpo invulnerabile del mutante.

*Dove sono le altre? Ormai dovrebbero essere qui, per lo meno attirate dai rumori della battaglia.* Mentre sta per rientrare nell’edificio viene raggiunto da un uomo volante.

Il suo corpo, atletico, è abbastanza esile. È interamente coperto da una calzamaglia azzurra, che lascia libera solo la testa. Guanti al polso e stivaletti alla caviglia gialli e rossi. Dalla cintura, gialla, partono due strisce laterali nere che arrivano al fondo dei pantaloni. Attorno al collo un motivo che ricorda un diadema, giallo, rosso e nero. Una riga gialla attraversa l’intero busto per congiungersi sulla doppia M sul petto.

- Le tue amiche stanno proteggendo gli altri prigionieri, dobbiamo trovare subito l’inibitore di potere. –

- Credo che sia in questo palazzo, come anche le nostre uniformi e le armi anti-fury. –

L’uomo, dai corti capelli biondi gira leggermente la testa, come per guardare. – No, niente uniformi. - Un potente raggio luminoso parte dai suoi occhi e l’intero edificio svanisce in un olocausto di fiamme.

- Dimenticavo di presentarmi, Marvel Man 241, in missione d’appoggio. –

I due partono verso il palazzo dell’amministrazione, non potendo proprio evitare, durante il tragitto, le teste di una decina di sentinelle.

In tutto il campo i guardiani faticano a contenere l’orda di prigionieri che, recuperati i poteri, intendono prendersi una rivincita per i soprusi.

Passando attraverso il muro, giungono nell’ufficio del direttore che sta raccogliendo i documenti più importanti per darsi alla fuga. Il raggio oculare di Marvel Man interrompe le sue azioni.

- A parte le mie obiezioni morali sulla facilità con cui uccidi, non pensi che interrogarlo ci sarebbe tornato utile? –

- Ne dubito. Avrebbe mentito facendoci perdere tempo. Quello che cerchiamo è qui dentro, basta cercarlo. – Marvel Man inizia a guardarsi attorno.

- Ma il campo, qualcuno l’avrà costruito, qualcuno lo finanziava. –

- Queste cose sono interne al tuo mondo, io devo interferire il meno possibile. Ho a cuore solo la nostra missione. Eccolo. –

Si dirige verso un cassetto, lo apre, tira fuori una piramide dorata. Dal cassetto successivo prende i costumi e le armi di Brian e dei sui compagni. Li getta sulla scrivania. Brian si sta vestendo quando le sue compagne entrano nella stanza. Ninja Britannica è ancora segnata dai colpi della sentinella. Si affrettano tutte a vestirsi. Linda 238 si avvicina a Brian. – La battaglia fuori è quasi finita. Siamo riuscite ad inviare un segnale di soccorso. Abbiamo scoperto che siamo in Canada, vicino alla frontiera degli Stati Uniti. Alpha Flight sta arrivando, Warlock e tre dei suoi sono appena spuntati da un muro, sparando a destra e a sinistra. Credo che qui possiamo lasciare tutto com’è. –

- Bene. – Marvel Man non esita un secondo. – Allora vediamo dove ci porta la nostra mappa. –

E ruota la cima della piramide.

Davanti ai loro occhi il mondo slitta.

A terra la corazza infranta è vuota. Un Capitan Bretagna tozzo, con le zanne rotte, sta morendo tra gli ultimi spasimi di dolore. Crociato X sta soffocando, il guanto di un’armatura dorata stretto attorno alla gola. L’uomo che indossa l’armatura è riconoscibile dal ghigno diabolico che deforma la rossa maschera di teschio che copre il suo volto.